2. Capitello della Pietà
con San Giovanni Battista e Sant’Antonio abate

- Via Castello -



Lungo la via che collega Ranco con Uponne, in località Castello,
attiguo all’antica casa Brovelli e tinteggiato come i muri dell’edificio,
in posizione di controllo della strada, si trova il capitello della Pietà.



Per analogie tipologiche con altri manufatti simili,
sul timpano poteva esservi la data dell’opera originaria
oppure il monogramma della Vergine,
mentre nella nicchia inferiore poteva esservi o una dedica,
o una preghiera,
o il nome del committente
e la data.


All’interno della nicchia maggiore, sulla parete centrale, è dipinta la Pietà,
con un’attenzione particolare al paesaggio in cui spiccano le tre croci del Calvario.

Sulla parete sinistra è raffigurato San Giovanni Battista
e su quella destra Sant’Antonio Abate.

I dipinti, databili tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX,
sono gravemente compromessi dall’azione degli agenti atmosferici
che hanno reso illeggibile la parte inferiore.

Il capitello è ancora oggetto della pietà popolare che non lascia mancare i fiori
e ha affiancato le immagini dipinte con una statua lignea dell’Immacolata.



La Madonna indossa un abito che poteva essere rosso,
con uno scialle bianco annodato sul petto secondo l’uso contadino,
ed è avvolta da un ampio manto azzurro che le copre anche il capo.
La mano destra è raffigurata con dimensioni maggiori,
allusive alla sua grande capacità di accogliere i dolori della maternità divina
e trasformarli in tesoro di grazia.

Il corpo di Cristo,
del quale non è rimasta che qualche traccia di colore,
è deposto sulla soglia del sepolcro ai piedi di Maria che,
con il braccio sinistro, ne sostiene il capo.

Una diffusa aureola fa da sfondo alla sacra rappresentazione
e sfuma verso l’alto in un cielo che da blu si fa plumbeo.

Sul Calvario, tre croci massicce rimarcano la comunione profonda tra la madre e il Figlio;
la cooperazione di Maria all’opera di redenzione di Gesù fino al Calvario;
lo strumento del supplizio patito da Gesù, da Lui trasformato in mezzo di redenzione.

Il tema iconografico della Pietà, detto anche Compianto sul Cristo morto,
fa la sua prima comparsa nell’arte bizantina del XII secolo
e viene adottato in Occidente solo nel secolo successivo.



San Giovanni Battista, allusivo all’Annunciazione di Gesù,
è rappresentato come eremita, vestito di pelli,
con i capelli lunghi e sciolti sulle spalle, in preghiera inginocchiato in un bosco,
con il bastone a croce astile appoggiato sulla spalla
e dal quale sventola il vessillo che doveva recare la scritta “ecco l’agnello di Dio”:
la frase pronunciata dal Battista quando vide Gesù.

La parte inferiore del dipinto, particolarmente ammalorata,
è delimitata da una zoccolatura di color mattone.


I Vangeli riportano che Giovanni era figlio di Zaccaria ed Elisabetta, cugina di Maria,
e che nacque circa sei mesi prima di Cristo.
Secondo la tradizione apocrifa, alla nascita l’avrebbe tenuto in braccio Maria
che si era recata in visita dall’anziana cugina.
Della sua infanzia i Vangeli non riferiscono nulla,
mentre le fonti apocrife hanno immaginato che Giovanni
avesse lasciato fin da piccolo i suoi genitori per condurre una vita di penitenza nel deserto.
Fu precursore di Gesù,
vivendo come un eremita nel deserto,
predicando la conversione e battezzando presso il fiume Giordano.
A lui si presentò Gesù per essere battezzato.
Giovanni morì poco tempo dopo, decapitato per ordine di Erode Antipa
che lo aveva fatto incarcerare perché lo aveva rimproverato a causa della sua condotta.

Le feste liturgiche in onore del santo sono due:
x• il 24 giugno si celebra la sua nascita:
xxquesta festa risale al VI secolo ed è l’unico caso di celebrazione di natività,
xxinfatti il dies natalis dei santi è il giorno della loro morte.
xxLa giustificazione a questa eccezione sta nel Vangelo di Matteo
xxdove si narra che il Cristo si mise a parlare di Giovanni alle folle dicendo:
xx“Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero
xxche preparerà la tua via davanti a te. In verità vi dico: tra i nati di donna
xxnon è sorto uno più grande di Giovanni il Battista” (
Matteo, 11,10-11).
xxIn Europa, alla vigilia di questa celebrazione,
xxsi accendevano i “fuochi di San Giovanni” che venivano benedetti dai preti.
xxLa festa fu autorizzata nel 1801, in seguito la celebrazione del santo passò al
x• 29 agosto, festa detta “Decollazione” o Passione di San Giovanni.

Questa, in sintesi, è la storia della festività cristiana collocata al 24 giugno,
ma la popolarità del giorno scelto, residuo di una tradizione solstiziale precristiana,
è da ricercare nelle usanze pagane che la Chiesa ha tentato invano di sradicare.
Quello stesso giorno, infatti, era dedicato ai festeggiamenti e agli onori della Fors Fortuna: dea vista come regolatrice degli eventi umani e invocata,
soprattutto dai contadini, con funzione propiziatrice.
Anticamente il mese di giugno era fondamentale per gli agricoltori
che vi avevano fissato tre date fondamentali:

• l’11, San Barnaba, responsabile del raccolto di segale e miglio e del taglio del fieno:
x- A San Barnabà segra e mej in terra va [
sono maturi].
x- A San Barnabà taia al praa [
taglia l'erba ].
• il 24, San Giovanni che doveva sovrintendere a più fatiche:
x- A San Giuàn sa taja ur furment [
si taglia il frumento].
x- A San Giuàn sa regoj ra camamela
xx[
si raccoglie la camomilla, e altre erbe miracolose consacrate al santo,
xx note come “Erbe di San Giovanni”
]
xx par tutt l’ann [
per tutto l’anno].
x- Nelle zone di lago: Par San Giuàn de agùn a s’empieniss un cavagn
xx[
si riempie un canestro di agoni].
x- Chi ha minga ciappaa agon per San Giuàn so dann [
'peggio per lui']
x- Se pioeuv per San Giuàn el succ el fa pocch dann [
il secco, ossia la siccità, farà poco danno]
• il 30, i Santi Pietro e Paolo:
x A San Péder sa catta i scirees [
si raccolgono le ciliegie].



Il dipinto di Sant’Antonio Abate,
riconoscibile dalla traccia della campanella che tiene con la mano sinistra,
è in uno stato di conservazione pessimo,
particolarmente nella parte inferiore
dove poteva essere rappresentato uno dei suoi attributi più noti: un maialino.
Il santo è raffigurato secondo lo schema iconografico tradizionale:
indossa il saio marrone e il mantello,
si intravede il nimbo e una tenue traccia del bastone che sostiene la campanella.


Nell’estremo angolo superiore, alla sinistra del capo di Sant’Antonio Abate,
sono dipinti un calice circondato da un nimbo raggiato
e la testa di un puttino alato.

Il calice serve per la consacrazione del vino e la distribuzione dell’Eucarestia,
pertanto è stato assunto quale simbolo della Confraternita del SS. Sacramento che, dunque, potrebbe avere attinenza con il committente o esserlo essa stessa.

Il calice e la patena sono le suppellettili cui viene data maggiore importanza sull’altare poiché sono gli strumenti per la celebrazione dell’Eucarestia.
Per il vaso sacro è stata scelta la forma del calice poiché probabilmente,
all’epoca in cui si strutturava il culto cristiano,
era il recipiente per bevande più usuale,
essendo l’Eucarestia un pasto celebrato nelle case private con gli elementi più comuni. Con il tempo, la sacralità del gesto di consacrazione del vino nel calice
fu sottolineata dal segno simbolico della bellezza e della preziosità del calice stesso.
Il simbolismo più generale si applica al Graal medievale,
che raccoglie il sangue di Cristo e contiene la bevanda dell’immortalità.


Il culto a Sant'Antonio è largamente e intensamente diffuso,
sebbene non faccia parte della schiera dei santi Ausiliatori,
poiché considerato guaritore dall’herpes zoster o “fuoco di Sant’Antonio”.
La sua commemorazione è al 17 gennaio.


Le notizie storiche della vita di Sant’Antonio
derivano dalla biografia scritta da Sant’Atanasio,
vescovo di Alessandria d’Egitto tra il 326 e il 372.
Antonio nacque a Coma, in Egitto, nel 251 da famiglia agiata.
All’età di vent’anni vendette tutti i suoi beni per condurre una vita da asceta.
Tra il 286 e il 306, visse in solitudine nel forte abbandonato di Pispit,
sopportando e superando ogni genere di tentazione,
dando origine all’iconografia delle tentazioni di Sant’Antonio,
diffusa in particolare nel XV secolo.
In quel tempo la sua fama si diffuse a tal punto che dovette abbandonare la vita eremitica per dedicarsi ai numerosi discepoli.
Visse coltivando orti e intrecciando stuoie, mantenendo l’austerità dell’asceta,
ma pronto a intervenire con passione nelle importanti questioni della Chiesa:
nel 311 si recò ad Alessandria per sostenere i cristiani perseguitati da Massimino Daia
e vi tornò nel 355 per confutare la dottrina dell’arianesimo.
Considerato santo ancora in vita, e capace di operare miracoli,
portò molti alla conversione.
Morì, ultra centenario, nel 356, e le sue reliquie furono traslate in Francia nell’XI secolo.
Ad esse venne attribuita la virtù di guarire anche l’ergotismo
(
o “mal degli ardenti”, conosciuta anche come Ignis sacer o “fuoco di Sant’Antonio”),
una grave forma di intossicazione dovuta a inquinamento della segale cornuta
da parte di un fungo (
la Claviceps purpurea che simula perfettamente i chicchi della segale normale): grave affezione che provocava gangrena degli arti, atroci dolori, febbre “ardentissima”,
portando alla morte il paziente in pochi giorni.
Poiché al tempo della traslazione delle reliquie
si era diffusa una grave epidemia di ergotismo,
i malati si recavano numerosi nella chiesa di Saint-Antoine-de-Viennois
alla Motte-Saint-Didier dove le reliquie erano conservate,
pertanto si rese necessaria la costruzione di un ospedale
e la fondazione di una confraternita di religiosi per assisterli.
Ebbe così origine l’Ordine ospedaliero degli Antoniniani
che prese come insegna la gruccia a forma di tau (
t),
simbolo che in Egitto era attribuito agli dei.

Per spiegare gli altri due attributi di Sant’Antonio,
il maialino e la campanella (
simbolo della morte e della resurrezione),
è stato ipotizzato che i religiosi,
per assicurare almeno in parte la sussistenza dell’ospedale,
allevassero maiali che vagavano per le vie mantenuti dalla carità pubblica.
A un certo punto, per motivi d’igiene,
venne deciso di eliminare tutti gli animali dalle vie dell’abitato,
eccetto i maiali degli ospedali antoniniani che
per essere riconosciuti dovevano portare al collo una campanella;
da cui l’estensione della protezione di Sant’Antonio a tutti gli animali domestici.