Le confraternite


Ancora ai nostri giorni un po’ ovunque si possono incontrare gruppi e associazioni
che coi loro stessi nomi ci riportano a una tradizione secolare:
confraternite del SS. Sacramento, confraternite del Rosario,
confraternite intitolate ai più diversi patroni o alla Vergine, compagnie, pie unioni,
gruppi di terziari. Anzi non sono pochi i casi in cui questi sodalizi
dimostrano una sorprendente capacità di resistenza
e continuano a svolgere qualche attività di carattere pubblico:
intervengono nelle processioni solenni con le loro divise dai colori vivaci,
accompagnano i morti alla sepoltura,
si impegnano negli enti o nelle iniziative assistenziali.
Si tratta di una sopravvivenza per lo più di rilievo modesto,
priva di grandi prospettive di continuità.
In passato però le cose andavano in maniera ben diversa,
e i ricordi delle persone anziane attestano
che in ogni paese erano presenti gruppi di “confratelli”
e quasi tutti gli oratori in cui essi si riunivano, magari fino a non molti anni fa,
per le loro funzioni religiose, sono rimasti in piedi.

Spesso le chiese, anche quelle che non erano destinate all’uso esclusivo dei confratelli, conservano un chiara impronta del loro spirito d’iniziativa:
in molti casi è a delle confraternite che si deve far risalire la presenza
di cappelle del Santo Rosario, di affreschi o statue della Madonna del Carmine,
o più raramente di Madonne della Misericordia coi loro caratteristici mantelli
che si aprono teneramente ad accogliere gli umili devoti.

Le confraternite sono associazioni di fedeli laici erette,
con una regolare organizzazione, per l’esercizio di opere di pietà e di carità
e anche con lo scopo di incrementare il culto pubblico.
Vengono istituite in una chiesa per mezzo di un formale decreto (
elezione canonica) dell’autorità ecclesiastica e solo da questa possono essere modificate e soppresse.
Devono avere uno statuto (
la regola) che fissa lo scopo dell’associazione
e i rapporti sociali interni, un titolo e un nome,
una foggia speciale di abito per i confratelli
e insegne che vengono portate quando la confraternita si presenta come corporazione.


Le origine storiche di tali sodalizi che si fondano sul sentimento di fratellanza,
non ignoto alle corporazioni pagane (
i collegia),
ma sviluppato specialmente dal cristianesimo (
Matteo, XVIII, 20) e sull’amore di Dio,
sono di difficile individuazione.
In Italia alcuni autori fanno risalire la loro erezione alla seconda metà del XII secolo,
altri a un secolo più tardi.
Molti di tali enti derivano dal movimento mistico dei flagellanti (
detti anche battuti o disciplinati) che, per pacificare guelfi e ghibellini, passavano di terra in terra vestiti di sacco,
predicando concordia e penitenza.
Prendevano il nome dalla foggia dell’abito, ed erano chiamati,
ad esempio, bianchi o cappuccini.
Questi sodalizi apportarono del bene alla società
poiché favorirono la fusione delle varie classi sociali,
l’affratellarsi degli uomini per la tutela e gli aiuti reciproci promuovendo opere di carità
e di assistenza (
specialmente ospedaliera),
e favorendo anche l’opera di assistenza verso gli stranieri.

Lo Stato, tranne in alcuni casi, non mise alcun limite alla loro attività
e la Chiesa se ne servì perché rappresentavano un contrasto all’eresia invadente.

Soprattutto nel XV secolo vennero introdotti non pochi sodalizi,
fra questi le confraternite del Rosario, del SS. Sacramento (
nel 1539),
altre intitolate a santi e molte altre solo dipendenti dall’autorità ecclesiastica
e con scopo puramente di culto.
Il Concilio di Trento (
13.XII.1545 - 4.XII.1563)
richiamò le confraternite sotto la vigilanza dei vescovi e, quindi,
passarono sotto la diretta giurisdizione della Chiesa.
Verso la fine del XVIII secolo le confraternite furono abolite,
prima dall’imperatore Giuseppe II e poi dalla Rivoluzione Francese.
In seguito vennero ripristinate, ma le legislazioni civili le sottoposero a limiti e freni considerandole o come associazioni di fedeli a scopo religioso,
o come pubbliche istituzioni di beneficenza e assistenza.
Dato il loro pubblico scopo, sono soggette al diritto della Chiesa e a quello dello Stato.

I confratelli si riuniscono per scopo di culto
e partecipano all’assemblea della confraternita dove,
sotto la presidenza dell’ordinario o di un suo delegato
e con l’approvazione dell’ordinario stesso,
pongono le norme relative alla costituzione e all’attività del sodalizio,
eleggono gli ufficiali che devono essere confermati dall’ordinario
e provvedono ai singoli atti dell’ente.
Soprattutto nei secoli passati, nelle norme relative al funzionamento
spesso gli aderenti venivano esortati ad assistersi a vicenda,
non solo nelle disavventure economiche, ma in particolare di fronte alla morte,
in un legame che non doveva venire meno
neppure dopo la scomparsa fisica dell’individuo.
All’assistenza prestata ai confratelli malati e moribondi doveva fare seguito
la celebrazione delle esequie per il defunto e, soprattutto,
l’officiatura periodica e ininterrotta dei suffragi per i morti,
iscritti con cura meticolosa negli appositi registri confraternali.


Ranco: la confraternita di Santa Marta
xxxxxx(in origine detta dei Disciplini o dei Battuti)
xxe xxdel Rosario


Ad Angera, dal 1565,
fu attiva la confraternita di Santa Marta (
un sodalizio di disciplinanti istituito nel 1460);
aveva sede presso la chiesa di Angera dedicata a San Vittore
e tra gli iscritti vi erano numerosi abitanti di Ranco.


Santa Marta
(raffigurata con gli attributi:
drago o demonio, secchiello
e aspersorio,)
e la sorella (?)
Santa Maria di Betania
(sorelle di Lazzaro).

Chiesa di San Vittore
(oratorio dei confratelli),
dipinto, XVIII secolo.

(in Besozzi-Grossi, (2004), p. 69)

La chiesa di San Vittore, citata nel Liber Notitiæ Sanctorum Mediolani
(
un codice cartaceo metropolitano della seconda metà del XIII secolo -o forse dei primi anni del XIV-
nel quale sono elencati i santi venerati in Milano e nella sua diocesi con l’enumerazione delle chiese
e degli altari ad essi dedicati
),
fin dal 1565 (
dal resoconto della ricognizione compiuta dal Prevosto di Angera)
era governata da una Schola de batuti (
Confraternita dei Disciplini)
e i celebranti (
secondo il Rito Romano), erano i frati di Santa Caterina
(
frati dell’Ordine dei Servi di Maria comunemente chiamati Serviti).
La Confraternita, o Congregazione, aveva l’obbligo
di far celebrare tre messe settimanali secondo il rito romano,
di assicurare un funerale ai propri iscritti
e di mantenere un chierico al servizio della Chiesa Prepositurale.

Dalla descrizione della chiesa effettuata nel 1579 da Bernardino Tarugi
in occasione della Visita Pastorale, si apprende che “nell’oratorio degli Scolari
(
una cappella situata alla destra dell’altare maggiore, separata dalla navata per mezzo di una grata in legno) vi sono otto sepolcri: sei per gli Scolari di Santa Marta e due per la Scuola del SS. Rosario.
I confratelli di Santa Marta sono quaranta ed eleggono i loro Ufficiali ogni sei mesi, [...], indossano una cappa bianca con una croce rossa sul davanti
e l’immagine di Santa Marta sul lato destro, si riuniscono al mattino presto per la messa
ed alla prima domenica del mese partecipano al rito con le loro vesti,
fanno una processione nelle domeniche di Quaresima".

Nel 1581 viene ordinata la costruzione della cappella di S. Maria del Rosario
e la Confraternita è costituita da trentacinque scolari maschi e trentacinque femmine.
Poiché forse solo gli uomini potevano essere iscritti alla confraternita di Santa Marta,
è da supporre che le donne appartenessero a quella del Rosario,
infatti le confraternite di disciplinati,
ben diversamente dalle grandi scuole del SS. Sacramento e del Rosario
che arrivavano ad abbracciare alcune centinaia di iscritti,
non dovevano comprendere più di qualche decina di persone.
La fisionomia del reclutamento pare essere collegata
alla particolare natura dell’esperienza associativa:
più esigente sul piano della partecipazione comunitaria
(
solo per le confraternite di disciplini è attestata nel ‘500 la recita corale dell’ufficio nei giorni di festa), difficilmente accessibile alle donne,
strutturalmente ritagliata più sulla misura del piccolo cenacolo devoto
(
l’oratorio distinto, la riunione di preghiera, la divisa che separa dalla massa dei fedeli)
che del grande sodalizio parrocchiale.


Dalla relazione della Visita Pastorale compiuta dal cardinale Federico Borromeo nel 1604,
si apprende che la cappella del Rosario è stata terminata
e ha sull’altare una piccola statua della Beata Vergine.
La convivenza delle due confraternite nella stessa chiesa
portò alla loro fusione di fatto anche se non giuridica,
tanto che in un documento del 1722 viene citata
la “Confraternita del Rosario sotto il titolo di Santa Marta”.
Entrambe le Confraternite furono soppresse nel 1781
e nel 1782 venne decretata la sconsacrazione della chiesa di San Vittore
i cui arredi furono trasportati nella nuova Parrocchiale di Ranco,
eccetto la statua della Madonna del Rosario
che nel 1948 venne portata nella chiesa di Uponne.


Statua lignea
della Madonna del Rosario
già nella chiesa di San Vittore
ad Angera;
dal 1948 nella chiesa di Uponne,
edificata nello stesso anno
e dedicata
alla Madonna del Rosario.







Pulpito ligneo,
già nella chiesa di San Vittore
ad Angera,
ora nella Parrocchiale di Ranco.

Il parapetto poligonale
è costituito da pannelli
intagliati raffiguranti:
Sant’Antonio da Padova,
San Gerolamo,
l’Assunta,
Santa Marta,
San Giorgio.


Le confraternite di Santa Marta e del SS. Sacramento, al completo e con i loro abiti, partecipavano anche alla processione del primo giorno delle cerimonie
relative ai tre giorni delle “Litanie Triduane” (
o Rogazioni Triduane: rituale che, dal V secolo,
si svolgeva nei tre giorni seguenti la domenica successiva alla festa dell’Ascensione
).
La processione, descritta nel Chronicon parrocchiale di Angera
(
libro che raccoglie le “Cose notabili spettanti al Venerando Capitolo”
redatto dal canonico Francesco Castiglioni dal 1693 al 1727
),
si snodava lungo tutti i luoghi di Angera dove vi era una chiesa, o un edificio religioso,
o i resti, o anche solo il ricordo di antiche chiese.
Iniziava con una prima sosta al “campo di S. Cassiano”,
per proseguire poi sulla strada detta di S. Quirico,
con una seconda sosta nel luogo ove dicesi vi fosse il Lazzaretto
usato nel tempo della peste,
e con una terza sosta alla chiesa di S. Quirico dove si celebrava una funzione;
la processione proseguiva poi per S. Martino [
di Ranco],
per tornare infine in Angera.
Anche nel giorno anniversario dei Santi Quirico e Giulitta,
il 16 luglio, “secondo l’uso di questa comunità e per voto anticamente fatto,
si fa una solenne processione con tutto il Capitolo,
e le Confraternite del SS. Sacramento, in veste rossa,
e di S. Marta (
o dei Disciplini) in veste bianca, seguiti da tutto il popolo;...”
Inoltre, il sabato prima della prima domenica di Quaresima,
attorno alla Rocca, con l’intero Capitolo.



La processione
del Corpus Domini
all’uscita da piazza Venezia.


I confratelli di Santa Marta reggono il baldacchino.

Ranco, fine anni ‘30
del XX secolo.

(Foto: Archivio Biblioteca
di Ranco)


Ranco.
Madonna del Rosario.
Statua lignea, 1944.
Chiesa Parrocchiale.

Ranco, 7 Ottobre 1945:
“Festa della riconoscenza”.
La processione
della Madonna del Rosario
in piazza Venezia.

A sinistra
i confratelli di Santa Marta.

Ad Angera la confraternita di Santa Marta venne ricostituita nel 1802
presso la chiesa della Madonna della Riva.
La divisa mutò il colore della mantellina che divenne blu chiaro.
Non venne mai sciolta ma, così come la confraternita del SS. Sacramento,
finì naturalmente per mancanza di aderenti negli anni ‘60 del XX secolo.


Angera,
funerale con in testa
la confraternita di Santa Marta
seguita da quella
del SS. Sacramento.
1937.

(in Besozzi-Grossi, (2004), p. 74)

Ad Angera vi erano anche altre confraternite
alle quali, probabilmente, erano iscritte anche persone di Ranco:
• la Scuola della Dottrina Cristiana, già presente nel 1565
xcon lo scopo di raccogliere nelle parrocchie i bambini poveri
xper insegnar loro la dottrina cristiana e i primi rudimenti del leggere e scrivere.
• la Confraternita del SS. Sacramento, istituita nel 1579
xcon sede presso la chiesa di Sant’Alessandro.
xLa divisa era una veste rossa.
xAlla confraternita erano iscritte anche le donne.
• la Confraternita della Carità, o dei vivi e dei morti, costituita nel 1665
xcon sede presso la chiesa Prepositurale di Santa Maria Assunta
xall’altare di Santa Caterina, nel 1772 probabilmente doveva già essere stata sciolta.
xAveva lo scopo di recitare le preghiere in suffragio dei defunti
xe assicurare ai confratelli un funerale e un ufficio.
xGli aderenti non portavano alcun abito particolare.
xNel 1698 Papa Innocenzo II concesse indulgenze perpetue alla confraternita.
• la Congregazione dei SS. Cuori di Gesù e Maria, costituita nel 1774,
xaveva sede nella chiesa Prepositurale di Santa Maria Assunta.
xIl sodalizio divenne rapidamente popolare
xe rimase attivo fino al 1784, anno in cui ne fu decretata la soppressione.

Tutte vennero sciolte per disposizione governativa a partire dal 1770,
a eccezione della Confraternita del SS. Sacramento
che fu l’unica conservata in ogni parrocchia “perché rappresenta il popolo”.
Ad essa sono state aggregate le più antiche Scuole della Misericordia
(
o della Vergine della Misericordia, o dei poveri).


Le confraternite del SS. Sacramento


L’origine delle confraternite del SS. Sacramento è fatta risalire al 1263 quando,
dopo il miracolo di Bolsena, Papa Urbano IV estese a tutta la Chiesa
la celebrazione della festività del Corpus Domini.
Istituite con lo scopo di incoraggiare i laici alla partecipazione frequente alla Comunione
e alla devozione dei sacramenti,
ebbero un periodo di grande diffusione a partire dal XV e XVI secolo.
Nel 1575 Carlo Borromeo concede alle confraternite della Diocesi di Milano le grazie,
le indulgenze e i privilegi e nel 1583, nel Duomo di Milano, nel giorno del Corpus Domini, fonda la Compagnia Generale del SS.mo Sacramento
in cui raccoglie le 556 confraternite del Santissimo esistenti nella Diocesi
e ne ordina l’istituzione in tutte le parrocchie ancora prive.
Quali fossero le funzioni solitamente ad esse riservate è un fatto ben conosciuto.
Un inventario manoscritto delle chiese, i coventi, le confraternite e i luoghi pii di Milano, composto alla fine del ‘500, le riassume con grande chiarezza:
“In ogni chiesa parochiale, se non forse eccettuate due o tre... è eretta una scuola
detta del Corpus Domini fra le persone di quella parrocchia;
la cui cura è di mantener la cera et l’oglio per il SS. Sacramento,
far celebrar la festa del Corpus Domini,
andarlo ad accompagnare quando si porta a gli infermi,
et proveder di cera anco per questo effetto,
et insomma far tutto quello che si richiede, intorno ad esso Sacramento...
Et in oltre molte di esse fanno anco celebrar messe nelle dette chiese ogni dì,
o le feste, ciascuna secondo la propria possibilità”.


Angera. Chiesa di Sant’Alessandro,
Crocifissione
.
Prima metà del XVII secolo.


(in Besozzi-Ponzio-Guerriero-Pola,
(2003), p. 32).


La pala dell’altare
potrebbe essere stata voluta
dalla confraternita
del SS. Sacramento
-
infatti a destra sono raffigurati due confratelli
con l’abito rosso
-
in occasione della peste del 1630-31.

Angera. La processione dell’Assunta.
Anni ‘30 del XX secolo.

(in Franzetti, 1994, pp. 18, 30)

I confratelli del SS. Sacramento portano il simulacro dell’Addolorata
preceduto dalle consorelle nubili

(con il velo bianco).



Iconografia della Madonna del Rosario


In Italia, nell’iconografia riguardante la Confraternita del Rosario
vengono eseguiti due schemi:
- il primo rappresenta la Vergine, assisa su una nuvola,
xche consegna un rosario a San Domenico di Guzman
x(
teologo spagnolo vissuto tra il 1170 e il 1221, festeggiato l’8 agosto,
xfondatore dell’ordine dei Predicatori, popolarmente chiamati Domenicani
)
xinginocchiato davanti a Lei;
- il secondo la ritrae in trono,
xche regge con il braccio destro il Bambino il quale consegna un rosario a San Domenico xinginocchiato dalla Sua parte,
xmentre la Madonna ne porge uno a Santa Caterina da Siena
x(
mistica e scrittrice, Dottore della Chiesa, vissuta tra il 1347 e il 1380,
xfesteggiata il 29 aprile come Patrona d’Italia, appartenente all’Ordine delle Mantellate di San Domenico,
xdette Domenicane
)
xinginocchiata alla Sua sinistra.
All’ordine dei Domenicani si deve la diffusione della recita del Rosario (
da corona di rose)
e la nascita delle confraternite ad esso dedicate.


Andrea Vicentino,
La Madonna dà lo scapolare
a san Simone Stock.

Inizio XVII secolo.
Rovigo, Duomo.

(in Giorgi, 2003, p. 341)

Un legame profondo intercorreva
tra la confraternita del Rosario
e quella del Suffragio.
Nella parte inferiore del dipinto
sono raffigurate le anime purganti.

Scapolare
del Terz’Ordine francescano.
Anni ‘50 del XX secolo.



Scapolare
della Madonna del Carmelo.

Anni ‘50 del XX secolo.


Rosario deriva dal latino rosarium, rosaio,
ed è la preghiera che meglio si addice alla Madonnna: Flos florum,
considerata la Rosa per eccellenza.

Il Rosario cominciò ad albeggiare all’inizio del XII secolo
quando si diffuse la pratica della ripetizione devota del saluto evangelico
dell’angelo insieme con la benedizione di Elisabetta,
analoga alla coeva litanica ripetizione del Pater Noster per 150 volte.
L’originaria struttura del salterio mariano,
adottato come forma popolare di preghiera soprattutto nelle confraternite
fondate da un discepolo di San Domenico (
San Pietro da Verona)
e che dal XV secolo iniziò a essere chiamato “Rosario della Beata Vergine Maria”,
nel corso dei secoli si è modificata fino ad assumere l’attuale forma
che consiste nella recita di 150 Ave Maria divise in 15 decine,
intercalate a loro volta dalla recita del Pater Noster e del Gloria
e dalla meditazione di uno dei 15 misteri,
ossia dei grandi avvenimenti gaudiosi, dolorosi e gloriosi
della vita del Cristo o della Madonna.

Fin dal XVI secolo la Chiesa volle onorare la Vergine del Rosario
con una festa che nacque per commemorare la vittoria della battaglia navale
nel golfo di Corinto, vicino a Lepanto, del 7 ottobre 1751,
quando la flotta cristiana della Lega Sacra sconfisse la turca.
Proprio in quel giorno -era una domenica- le confraternite romane del Rosario
sfilavano in solenne processione;
sicché Pio V, attribuendo la vittoria all’intercessione della Vergine Maria,
l’anno seguente, alla stessa data, fece celebrare la festa di Santa Maria della Vittoria.
Nel 1573 Gregorio XII fissò la festa alla prima domenica di ottobre
con il titolo di festa del Santissimo Rosario per le chiese dei domenicani
e per quelle che ospitavano una confraternita del Santo Rosario.
Nel 1716 Clemente XI estese la festa alla Chiesa universale
conservando la data della prima domenica di ottobre,
spostata nel 1931 al giorno storico del 7 ottobre.

Nel 1960 il titolo tradizionale di Festa del Santissimo Rosario
è stato cambiato in quello più appropriato di Beata Vergine del Rosario.
La riforma del calendario liturgico l’ha ridotta a memoria obbligatoria.

Nel XVI secolo la festa, già diffusa anche in altre nazioni europee e nella stessa America, pur non perdendo la fisionomia primitiva di celebrare Maria Patrona,
man mano acquisì il carattere di “festa dell’abito” a causa del moltiplicarsi dei fedeli che, specialmente in Spagna e in Italia,
venivano “aggregati” all’ordine come confratelli per mezzo dello scapolare,
segno di devozione alla Vergine e, insieme, della sua protezione nell’ora della morte.
È certo che le due asserite promesse a san Simone influirono molto sulla diffusione
tra i fedeli della devozione alla “Madonna del Carmine”(
nome volgato più usuale) ,
e sul moltiplicarsi di schiere di confratelli aggregati all’ordine mediante il "piccolo abito"
(
detto anche “abitino” o “pazienza”) o scapolare.
Pertanto la festa del 16 luglio, imposta come “festa dell’abito”,
nel 1606 divenne festa delle confraternite
e nel 1726, da Benedetto XIII, venne estesa a tutta la Chiesa.



Lo scapolare


Originariamente era la sopravveste da lavoro dei benedettini;
poi è diventata la striscia di stoffa rettangolare che pende sul petto e sulle spalle,
munita di cappuccio, portata da appartenenti a ordini monastici,
congregazioni e confraternite, terz’ordini.
In quest’ultimo caso si è ridotta a due piccoli rettangoli di stoffa
tenuti insieme da due nastri, da portare sotto gli indumenti, a contatto con la carne.


Scapolare
della Madonna del Carmelo.

Anni ‘50 del XX secolo.

Il culto per la Madonna del Carmine trae origine dal fatto che sul monte Carmelo, nel 1156, sull’esempio del crociato calabrese Bertoldo che lì si era ritirato nella grotta di Elia,
si raccolsero alcuni eremiti che,
sotto il patrocinio della Beata Vergine Maria,
si dedicavano giorno e notte alla lode di Dio.
Gli eremiti, scacciati dai musulmani,
si trasformarono in un ordine mendicante
che prese il nome di Nostra Signora del Carmelo o del Carmine.