1. Madonna del Carmine e del Rosario

- Cascina Uponne -



La cascina Uponne
in una foto degli anni ‘70
del XX secolo

(foto: Archivio Biblioteca di Ranco)

 

Il dipinto, di grandi dimensioni, è collocato nella parte superiore, in posizione centrale,
della facciata principale della Cascina Uponne,
ben visibile anche dalla strada proveniente da Angera.



Rappresenta l’apparizione della Madonna con il Bambino a San Carlo,
San Simone Stock e a San Domenico di Guzman.

Di ottima fattura, esibisce una stesura straordinariamente libera e quasi spumeggiante impreziosita da veri e propri pezzi di bravura: il panneggio degli abiti,
la rosa nella mano del Bambino, i puttini alati.
Il tempo e l’esposizione agli agenti atmosferici hanno
attenuato la brillantezza dei colori e causato qualche guasto,
tuttavia la leggibilità dell’opera permane inalterata.
Databile al XVII secolo, è di autore ignoto.


La sacra immagine è delimitata da una cornice dipinta
che nella parte inferiore sembra proseguire oltre il livello attuale dell’intonaco,
pertanto il dipinto poteva avere dimensioni maggiori
e l’intonaco potrebbe anche aver coperto un eventuale cartiglio.
Raffigura in un unico impianto iconografico due filoni devozionali cari alla pietà popolare:
la devozione alla Beata Vergine del Monte Carmelo, testimoniata da San Simone Stock
(
inginocchiato alla sinistra della Vergine),
e quella alla Madonna del Rosario, testimoniata da San Domenico di Guzman.

Allo stato attuale non si hanno notizie circa la committenza dell’opera;
verosimilmente, però, potrebbe essere stata voluta dalla confraternita del Rosario,
forse anche con un concorso da parte della confraternita del Santissimo Sacramento:
sodalizio presente e particolarmente attivo in ogni parrocchia
e che ebbe in Carlo Borromeo il maggior fautore della sua diffusione.


La Vergine è raffigurata seduta su un trono di nuvole
e sorregge con il braccio sinistro il Bambino nudo,
mentre dalla mano destra pende lo scapolare.


Scapolari
della Madonna del Carmelo.

Anni ‘50 del XX secolo.

a. 2005.

Maria ha i capelli raccolti e il capo rivolto verso San Carlo;
indossa una veste rossa
(
il rosso simboleggia lo Spirito Santo)
riccamente panneggiata, scollata, dalla quale fuoriesce il sott’abito di colore giallo pallido
e un ampio manto azzurro
(
l’azzurro è simbolo della grazia celeste)
che le avvolge la spalla sinistra e fa da riparo al piccolo Gesù
che con la mano destra tiene una rosa rossa
(
nell’iconografia cristiana la rosa è sia la coppa che raccoglie il sangue di Cristo,
sia la trasfigurazione delle gocce di questo sangue,
sia il simbolo delle piaghe di Cristo. Inoltre è il simbolo della rinascita mistica
).
Sulle ginocchia il manto mostra l’interno di colore verde
(
simbolo dell’immortalità, ma anche della Speranza, una delle virtù teologali).
Maria ha i piedi nudi (
simbolo di umiltà), appoggiati sulla nuvola
dalla quale fanno capolino due puttini alati.


La parte superiore dello sfondo è costituito dall’aureola
nella quale sono raffigurate due coppie di puttini alati;
nella parte inferiore è rappresentato un paesaggio lacustre,
verosimilmente allusivo all’ambiente di Ranco.



San Domenico di Guzman,
nacque a Calahorra -nell’antica Castiglia- verso il 1170,
quarto figlio del governatore della città. Fu inizialmente educato dallo zio arciprete,
poi completò gli studi presso l’Università di Valencia.
Nel frattempo era diventato Canonico regolare di Osma.
Nel 1204 venne inviato alla Marca
e si mise in viaggio con il suo vescovo Diego de Azevedo. Fu questa
la prima occasione per Domenico di incontrare gli eretici albigesi a Tolosa,
e qui sentì l’importanza di quella che sarebbe stata la missione della sua vita:
la loro riconciliazione con la Chiesa.
Domenico si rese conto che i tentativi di riportare gli eretici alla Chiesa,
fatti dai monaci principalmente con l’esempio di una vita ascetica,
fallivano probabilmente a causa di una scarsa preparazione dottrinale.
A questo scopo si concentrò sulla fondazione dell’Ordine dei frati predicatori:
voleva formare delle comunità che fossero centri di studio di cultura sacra.
Il nuovo ordine fu approvato da Onorio III nel 1216 dopo che Innocenzo III,
in conformità con le decisioni conciliari di proibizione di costituzione di nuovi Ordini religiosi
che avrebbero creato confusione nella Chiesa,
l’anno precedente aveva consigliato l’adozione della Regola esistente di Sant’Agostino
alla quale furono aggiunti alcuni statuti.
Il nuovo ordine si diffuse rapidamente in tutta Europa.

Nel 1221 Domenico morì a Bologna,
dove l’anno prima si era tenuto il primo Capitolo generale dell’Ordine.
Canonizzato nel 1234, fu prima venerato a Tolosa dove predicò e poi a Bologna dove morì.

L’immagine di Domenico è con l’abito bianco e mantello nero dell’Ordine da lui fondato,
una corona del rosario appesa alla cintura
(
in ricordo della devozione dei domenicani per la Vergine e per questo tipo di preghiera che,
secondo la tradizione, era stata consegnata a San Domenico proprio durante una visione
),
porta la tonsura
e ha come attributi iconografici una stella in fronte (
simbolo della sapienza),
un ramo di gigli fioriti (
simbolo di castità),
la croce astile gigliata (
emblema dell’Ordine dei domenicani),
il cane con la torcia (
perché la madre di Domenico poco prima che lui nascesse
sognò di avere in grembo un cane con una torcia che, uscito, sembrava incendiare il mondo.
Il sogno venne interpretato come profezia di un bambino che avrebbe infiammato il mondo con la sua parola
).


Le notizie su San Simone Stock sono scarse.
San Simone, forse originario della regione del Kent e del quale non si conosce il cognome,
è detto Stock (
in inglese traduce “tronco, ceppo”)
perché avrebbe condotto vita eremitica all’interno della cavità di un grande albero.
Da giovane avrebbe compiuto un pellegrinaggio in Terra Santa
unendosi a una piccola comunità di eremiti, detti carmelitani (
poiché dal XII secolo si erano ritirati sul monte Carmelo -una collina della Palestina- per vivere vita eremitica nell’imitazione del profeta Elia. Carmelo deriva dall’ebraico Karmel e significa “giardino”) di prima osservanza.
Rientrato in Europa intorno al 1247, si prodigò per la diffusione dell’Ordine,
sviluppato e trasformato a metà del XIII secolo dalla forma eremitica
a quella di ordine mendicante, sul modello dei neonati ordini francescano e domenicano.
Fu nominato superiore generale dell’Ordine a Londra e fondò numerose case universitarie
per avvicinare i giovani alla spiritualità carmelitana.

Morì a Bordeaux nel 1265.
Dopo la sua morte nacque la leggenda di una apparizione della Madonna con lo scapolare
a un certo Simone promettendogli: “Questo privilegio è per te e i tuoi: chi ne morirà rivestito,
si salverà”. Presto accreditata a San Simone Stock,
l’apparizione divenne tema iconografico diffusissimo e la data del dono (
il 16 luglio 1251)
divenne motivo di festa per celebrare Maria.
Anche San Simone Stock dopo che ebbe la visione della Beata Vergine del Carmelo,
diffuse la devozione della recita del Rosario.

San Carlo, solitamente rappresentato in abiti da cardinale,
riconoscibile per il naso prominente,
nacque ad Arona nel 1538 e morì a Milano il 3 novembre 1584.
Il culto nacque spontaneamente dopo la sua morte e fu canonizzato nel 1610.

Alla fine del settembre 1565 Carlo Borromeo fece il suo ingresso in Milano,
assumendo la guida diretta della diocesi ambrosiana.
Nel giro di pochissimi mesi un’ampia porzione del territorio che gli era stato affidato
fu investita dai suoi ambiziosi programmi di riforma e la fisionomia religiosa della diocesi
cominciò ad essere lentamente, ma progressivamente, modificata.
All’interno del movimento di ripresa ecclesiastica da lui promosso
maturò fin dai primi istanti un’attenta
considerazione del ruolo delle confraternite:
ne voleva garantire la sopravvivenza,
ne favorì il rilancio,
si preoccupò di darvi vita là dove risultavano mancanti o apparivano insufficienti.
I delegati dell’arcivescovo (
Giacomo Francesco Cardano e Luigi Carcano),
che nel 1566 diedero avvio alle visite pastorali borromaiche,
caldeggiarono l’erezione di nuovi sodalizi e nel 1570 lo stesso San Carlo
le istituì d’autorità in ogni parrocchia.
Nel giro di pochi anni gli sforzi della gerarchia ecclesiastica
furono coronati da un successo lusinghiero.
Dallo studio dell’evoluzione della geografia religiosa in epoca post tridentina
(Concilio di Trento: 13.XII.1545 - 4.XII.1563. Tra le altre cose riformò la disciplina ecclesiastica)
emerge una capillare e rapida diffusione soprattutto delle confraternite del SS. Sacramento.

San Carlo, patrono (
insieme a San Rocco) della peste,
fu particolarmente invocato nel periodo delle due grandi epidemie lombarde
(
del 1576 -detta “peste di San Carlo” perché durante la pestilenza il Cardinale si prodigò
con tutte le sue forze, i suoi beni personali e con grande coraggio contro il terribile flagello-
e del 1629 -ben descritta dal Manzoni nei Promessi Sposi-)
e di quelle di colera (del 1836, 1848, 1855) che con la peste veniva popolarmente confuso.